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Malawi. Le Paoline incentivano l’istruzione dei poveri

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17-06-2018

Senz’altro ricordate i “Quaderni intelligenti” che Paoline Onlus ha fornito ai bambini poveri del Malawi: una vera manna!

Ora, a piccoli passi, le Figlie di San Paolo del luogo sono riuscite ad aprire una libreria. Nella popolazione c’è sete di sapere, di conoscere; soprattutto i giovani desiderano imparare. E le Paoline mettono a disposizione energie, dedizione e strumenti per incentivare l’istruzione.

 

Il beato don Alberione invitava i membri dei suoi Istituti a “Fare la carità della verità“, a diffondere il Vangelo e i valori cristiani, come vero nutrimento per le menti e i cuori di tutti.

Laudato sii…

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11-05-2015

 

 

… per gli strumenti della comunicazione sociale

 

Laudato sii, Signore, per nostro fratello giornale, porta aperta sul mondo. Laudato sii per i redattori e le redattrici, i giornalisti, i fotografi, i grafici… Per tutti i professionisti dell’informazione che, pagando con la loro stessa vita, sono testimoni di quanto accade, risvegliano le coscienze, sono al servizio della verità.

 

Laudato sii, Signore, per nostro fratello libro, fedele compagno d’ogni giorno, gioia per il cuore e nutrimento dello spirito. Laudato sii per i poeti, gli scrittori e le scrittrici, gli editori, i librai, i bibliotecari… che mettono i loro talenti al servizio della vita, della fede e della cultura.

 

Laudato sii, Signore, per nostro fratello cinema, nel suo dinamico narrare agisce intensamente sull’uomo. Laudato sii per gli attori, gli sceneggiatori, i registi e i produttori, interpreti del vero e del bello, di ciò che canta la vita e costruisce la persona.

 

Laudato sii, Signore, per nostra sorella radio, che cammina sulle ali del vento e tanto piccola fa la terra. Laudato sii per tutti gli operatori radiofonici che si adoperano per far crescere nel mondo la fraternità e la solidarietà.

 

Laudato sii, Signore, per nostra sorella televisione, “cattedra” che si pone nel cuore di ogni casa. Laudato sii per i responsabili dei palinsesti e i conduttori dei programmi che contribuiscono a creare speranza e a far crescere un’umanità nuova.

 

Laudato sii, Signore, per i nostri fratelli cd e dvd, per le fibre ottiche e i satelliti, per il  computer e internet. Laudato sii per gli informatici, i musicisti, i cantanti, gli operatori della comunicazione che lavorano per la giustizia e la pace e collaborano così alla costruzione del tuo regno.

 

 

 

«La stampa, il cinema, la radio, la televisione… costituiscono oggi le più urgenti, le più rapide ed efficaci opere di apostolato».

Beato Don Alberione

Don Alberione e la “Teologia del lavoro”

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29-04-2015

di Fernanda Di Monte

Siamo ormai abituati a sentir parlare di lavoro, a fare manifestazioni per sollecitare aumenti di salario, o la salvaguardia dei posti di lavoro. Del resto, è un diritto sancito dalla Costituzione e che sovente viene disatteso. Il lavoro può essere considerato come espressione di libertà, di creatività e di dignità umana o – come spesso avviene – come fatica, come condanna. La Chiesa si è sempre ispirata a considerarlo come un modo umano di associarsi all’attività creatrice di Dio.

Il beato Giacomo Alberione(1884-1971) sviluppò attraverso i suoi dieci Istituti che formano la Famiglia Paolina una vera e propria “teologia del lavoro”. Punto di riferimento fu san Giuseppe di cui prese il nome, quando il 5 ottobre 1921, insieme ai primi discepoli, emise la professione religiosa. Per lo stesso motivo compose una “Coroncina a san Giuseppe” e un’interessante “Preghiera dell’operaio”. Così scrive don Alberione: «Il lavoro, sia materiale, morale, intellettuale e apostolico, ci avvicina a Dio eterno[…] Chi non lavora non procura la propria elevazione, né ha diritto al pane. Da una parte il lavoro, dall’altra la pazienza del lavoro; da una parte tendere a migliorare in modo giusto la propria condizione, dall’altra sopportare i disagi; da una parte l’afflizione, dall’altra la consolazione; da una parte esigere il giusto, dall’altra dare il superfluo».

Don Alberione insiste sempre perché, durante la formazione, venissero sempre alternati lo studio al lavoro in legatoria, in tipografia, in redazione: «Tutto il Vangelo si muove nel mondo del lavoro. Tutti ne hanno il dovere. Nessuno anche se ricco, è dispensato». Del resto, lo stesso don Alberione era stato educato dai genitori a dare il suo contributo al lavoro agricolo, quando rientrava in famiglia per le vacanze. La “teologia del lavoro” alberoniana, ha inizio in quegli anni: «Già durante il chiericato e specialmente più avanti meditò il mistero della vita laboriosa di Gesù a Nazareth. Un Dio che redime il mondo con le virtù domestiche e con un duro lavoro fino all’età di trent’anni. Lavoro redentivo, lavoro di apostolato, lavoro faticoso».

Per don Alberione l’attività lavorativa è apostolato, è partecipazione a ciò che lo stesso Gesù ha vissuto e realizzato: « Non è questa la via della perfezione, mettere in attivo servizio di Dio tutte le forze, anche le fisiche? Non è Dio atto purissimo? Non entra qui la vera povertà religiosa, quella di Gesù Cristo? Non vi è un culto a Gesù-Operaio? Non si deve adempiere il dovere di guadagnarsi il pane? Non è stata questa una regola che san Paolo impose a sé? Non è un dovere sociale e che solo adempiendolo l’apostolo può presentarsi a predicare? Non preserva dall’ozio e da molte tentazioni?».

Si può affermare senza alcun dubbio che don Alberione fa suo e lo inculca ai suoi figli il binomio benedettino dell’“ora et labora” e la stessa concezione teilhardiana del lavoro considerato apostolato: «Come potremmo dire di fare l’apostolato, se ce ne rimanessimo con le braccia conserte? Non è così che fecero i nostri grandi Maestri; non è così che fece il nostro Padre san Paolo.[…] Solo in questo modo potremo dire con verità, come san Paolo, sul letto di morte: Ho combattuto la buona battaglia, ho terminato la corsa, ho mantenuto la fede(2Tm 4,7)».

Secondo don Alberione, il lavoro è parte inscindibile di una sana pedagogia, perché aiuta i giovani a sviluppare le proprie capacità, a indirizzare le proprie energie, a pensare “grande”, a sentire che si partecipa della vita divina. Soprattutto per chi vuole donare la sua vita al Signore: «La vita religiosa non può essere l’aspirazione di chi vuol vivere senza faticare; di chi non lavora; di chi si rifugia ed accetta la vita del convento per evitare la sua parte di combattimento nell’apostolato. […] E’ la vita più faticosa, e costituisce una continua abnegazione e redenzione». Quando don Alberione chiese l’approvazione della Società San Paolo, la Congregazione romana rispose che la stampa non poteva essere uno strumento di apostolato. Per tutta risposta, don Alberione arrivò a dire: allora perché permettete ai trappisti di produrre cioccolato, ma non ai paolini di occuparsi della “Buona stampa”? Perché questa sua intuizione aveva radici ben profonde: «Tutto l’uomo in Cristo, per un totale amore a Dio: intelligenza, volontà, cuore, forze fisiche. Tutto, natura e grazie e vocazione, per l’apostolato».

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